Simon Molitor: massima espressione del classicismo musicale viennese
Lezione
Author: Eduardo. 5915 ReadsRiesame della sua complessa personalità di chitarrista e di compositore.
Identificazione di tutti gli elementi di prassi esecutiva di derivazione liutistica presenti nelle sue opere.
Analisi della Sonata op. 7, nella veste originale della sua prima edizione del 1806, e della sua ampia prefazione (Vorrede), in quanto espositiva di apprezzabili concetti storici, estetici e musicologici. Lettura, traduzione ed interpretazione delle glosse interlineari presenti nel testo musicale, chiarificatrici, per l’epoca, di innovative nozioni di tecnica chitarristica e quindi di prassi esecutiva da applicare nella medesima opera.
Lettura critica sullo strumento della Sonata op. 7 nella revisione proposta dal docente del corso.
Gli studenti avanzeranno consigli alternativi per un eventuale aggiornamento migliorativo delle dinamiche.
Recupero delle indicazioni tecniche consigliate e spiegate dall’autore nella terza pagina delle sue Variations sur un theme original pour la guitarre seule op. 9.
Descrizione dei segni utilizzati.
Molitor, indiscusso innovatore della tecnica e della scrittura chitarristica dota questo complesso brano musicale di una completa didascalia dei simboli utilizzati, annotando accanto precise istruzioni di prassi esecutiva.
La semiografia Molitoriana, nell'op. 9, contempla quattro elementi soltanto, tutti riferiti a comportamenti dinamici delle due mani.
a) Il primo è il segno di legatura che si esegue sulla medesima corda e tra due sole note, intendendo, evidentemente, la duplice casistica del tradizionale legato ascendente e discendente ove solo la prima delle due note viene pizzicata.
b) Il secondo raffigura due legati sovrapposti che collegano una successione di due o più note eseguibili su corde differenti. Questa simbologia è ben più complessa della precedente in quanto, a parte il significato estetico, indica anche la diteggiatura della mano destra. L'invenzione è molto raffinata e presenta più casistiche.
1) Note gravi: quando il segno è disposto in senso ascendente su due o più note impone l'utilizzo del pollice arpeggiando (dall'esempio musicale deduciamo che Molitor utilizzava abitualmente il pollice anche sulla seconda corda); se invece le note non sono contrassegnate e procedono in senso discendente, va sempre utilizzato il pollice ma pizzicando le corde e non arpeggiandole. La terminologia è ambigua e imprecisa quando si trattano argomenti di prassi esecutiva o meglio si descrivono comportamenti gestuali. La concettualità moderna del termine arpeggio è totalmente diversa da quella riferita e descritta da Molitor in queste note. E' evidente che il collegamento dinamico del pollice che scivola su più corde successive e dal grave verso l'acuto produce un effetto sonoro particolare. Quando invece il pollice esegue ascendendo sulla cordiera, cioè dall'acuto al grave, ogni suono riprodotto è il risultato di una molteplicità di gesti che separano o meglio spaziano e scandiscono i suoni.
In altri termini per Molitor si esegue un arpeggio quando il pollice riproduce più suoni con un solo comportamento dinamico.
2) Note acute: il segno che collega due note dispone che l'indice (o altro dito) arpeggi dall'acuto al grave mentre la nota che segue viene pizzicata col medio. Con logica e coerenza, Molitor applica la stessa terminologia nel descrivere la produzione di un arpeggio nel senso inverso, cioè dall'acuto al grave. In questa circostanza impegna dita diverse dal pollice; ad esempio l'indice o il medio, forse più raramente l'anulare.
Si è già visto come il pollice è impedito nella produzione di un arpeggio dall'acuto al grave, pertanto Molitor assegna la stessa concettualità gestuale, allo scopo di produrre lo stesso effetto sonoro, che impropriamente definisce arpeggio, ad esempio all'indice. Il dito scorre verso il grave scivolando in maniera consequenziale su due o più corde nel mentre il medio o l'anulare si dispone a pizzicare la corda sottostante.
3) Aggiungeremmo ancora per completare la casistica che le note di tessitura grave (con la gamba in giù) vanno pizzicate sempre col pollice soprattutto quando si susseguono sulla medesima corda o su corde superiori anche successive o su corde inferiori ma solo se distanziate (ad esempio sesta-quarta o quinta-terza).
c) Il terzo riguarda l'arpeggio relativo ad un intero accordo, probabilmente da praticare col pollice seguendo ovviamente il verso dal grave all'acuto.
d) Il quarto è il più raffinato in quanto suggerisce di interrompere - per dare un preciso senso estetico alla frase o per l'eliminazione di fastidiose dissonanze o per dare ai suoni il loro corretto valore - le vibrazioni in eccedenza.
Sono contemplate due modalità: se trattasi di un accordo arpeggiato, consiglia di interrompere il suono con la pianta della mano, se invece l'interruzione deve essere praticata su una o più note pizzicate, vanno utilizzate le stesse dita che hanno percosso le corde.
Questo simbolo è singolare, inedito e unico nello scibile della letteratura chitarristica di tutti i tempi; forse è ingiustificato per il basso livello sonoro degli strumenti dell'epoca, ma le potenzialità uditive delle popolazioni dei secoli passati essendo state probabilmente molto più alte di quelle attuali ne ammetteva la presenza e l'utilizzo.
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Category: Prassi esecutive e repertori
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