Le note ribattute

Lezione


E’ una pratica molto usata sulla chitarra per il suo effetto espressivo e spettacolare.

La dinamica utilizzata è quasi sempre la stessa anche se alcuni autori hanno introdotto, per necessità di vario genere, qualche leggera variante.

Ordinariamente il pollice percuote le corde, alternandosi variamente, dalla terza alla sesta, mentre il gruppo anulare, medio, indice, si intercala, per completare la quartina di trentaduesimi, spesso su prima e seconda corda, più raramente sulla terza.

Tanto, apparentemente, potrebbe sembrare sufficiente a delineare l’aspetto meccanico di questa singolare pratica. Va invece rilevato che le dinamiche ad essa connesse compendiano una molteplicità di concetti che, per meglio concretizzarne i contenuti dinamici, vanno ampiamente rimarcati e discussi.

Dimostreremo che la mnemonica percussione di tre note sulla stessa corda è governata da precise regole di psicologia della forma (Gestalt).



Infatti se analizziamo profondamente l’atteggiamento della mano destra, quando con essa si intende praticare l’ordinario arpeggio pollice, anulare, medio, indice (sesta, prima, seconda, terza), noteremo, con ogni evidenza, che l’intero apparato dinamico opera con il massimo confort e la migliore agiatezza possibile.

Tutto ciò, va rilevato, risiede nella radice psicomotoria non del singolo ma dell’intero genere umano. Nessun chitarrista avrà mai modo di sostenere che esiste formula di arpeggio, in alternativa a quella sopra indicata, più semplice e più rispondente all’apparato dinamico della nostra mano.

Per questo stesso motivo, con indiscutibili immediati vantaggi, l’ordinario arpeggio pollice, indice, medio, indice (sesta, terza, seconda, terza) è stato sostituito, in tempi recenti, evidentemente per migliorare la resa dinamica, con la formula: pollice, indice, anulare, medio, ovviamente applicata sulle stesse corde.

Nessuna fonte bibliografica che riporti e giustifichi, su basi scientifiche, l’accezione, l’importanza ed il valore di tali scelte, è stata ad oggi individuata. Appare inoltre ampiamente consolidata la pratica di eseguire le note ribattute nell’ordine: anulare, medio, indice. Quindi, senza voler scomodare le teorie gestaltiane, universalmente si conviene che, nella prassi esecutiva delle note ribattute, non esiste alternativa più convincente di quest’ultima formulazione dinamica. Ne consegue che la presunzione iniziale di identificare quella formula di arpeggio (pollice, anulare, medio, indice) come la più consona alla nostra struttura anatomica è ampiamente avvalorata, comprendendo entrambe una identica successione di movimenti. Che il tutto si sviluppi su livelli differenti, è ovvio, non influisce.

Stretta analogia va rilevata nella scelta del dito che deve percuotere la corda in successione al pollice, ovviamente in contesti dinamici differenti: eseguire subito dopo il pollice, l’indice, è più difficile che eseguire l’anulare; la stessa cosa avviene quando l’azione si svolge con simultaneità: è sempre più funzionale eseguire pollice anulare anziché pollice indice.

La concettualità appena descritta svolge un ruolo determinante nell’adozione delle diteggiature. Queste ultime, se applicate con giusta cognizione, saranno il miglior sussidio per la realizzazione di performance di massimo livello.

Ordinariamente l’irrazionale o casuale pratica di molti chitarristi si sviluppa e si orienta verso una dinamica di evidente disagio; normalmente l’esecutore, non si sa per quale ancestrale, connaturato, istintivo pretesto o ripiego, tende all’utilizzo dell’anulare sempre più raramente.

In questa circostanza la plasticità dei processi motori e il principio dell'autoregolazione dinamica dell'organismo, di cui si è ampiamente trattato nelle precedenti lezioni, svolgono un ruolo determinante sopperendo alle più sconsiderate ed istintive abitudini.

Gli studenti saranno chiamati ad esprimere le loro valutazioni in merito alla complessa problematica sollevata; sarà inoltre chiesto loro di proporre le più sensate ipotesi in alternativa alle nostre asserzioni.

Per una più completa analisi della specifica pratica esecutiva del tremolo gli studenti saranno invitati ad analizzare più adeguatamente le relazioni che intercorrono tra i due arpeggi: p a m i, con a m i che percuotono rispettivamente prima, seconda e terza corda e la medesima formula con a m i che invece si alternano sulla stessa corda.

L’evidenza ci fa comprendere che nel primo caso la dislocazione delle tre dita su tre diversi livelli comporta l’acquisizione del massimo vantaggio e l’applicazione della migliore ergonomicità. Nel secondo caso, invece, gli studenti accerteranno, praticando con accortezza i necessari collaudi, che la mano opera con il massimo impegno soprattutto perché l’anulare è costretto a costipare la sua ordinaria estensione mentre l’indice, al contrario, è obbligato ad un insolito stiramento, essendo più corto e dislocato all’inizio della palma della mano, quindi più adatto alla percussione di corde dislocate più verso l’alto.

A complicare questo instabile gioco di equilibri è il pollice: se opera sulla quarta corda le altre tre dita mantengono facilmente la loro piena e comoda operatività, se invece il pollice lavora su quinta e sesta corda e le altre tre dita ribattono la prima corda, l’intera mano sarà al massimo della sua estensione.

La razionalizzazione dell’allargamento del pollice in maniera proporzionale all’altezza della corda è d’obbligo per il mantenimento sempre identico della prescelta angolazione della mano (ortogonale alle corde) e delle stesse dita per il contatto con le corde (lato sinistro del polpastrello).

Da quanto sopra si deduce che la massima difficoltà esecutiva si ha quando il pollice pizzica la sesta corda e le altre tre dita la prima. Il chitarrista ordinario (senza scuola) invece ritiene che è più difficile eseguire il brano che sviluppa la melodia (il tremolo) sulle corde interne (2ª e 3ª).

Movimenti disordinati, derivati da contrastanti e sconnesse angolazioni di mano, dita e polpastrelli, inducono inesorabilmente alla perdita del pieno controllo sulle piccole distanze. Diviene quindi difficile governare l’insieme dei vari impegni dinamici. Ne consegue che l’esecuzione delle note ribattute sulle corde interne peccherà di squilibri, scompensi e imprecisioni.

Tanto basta a suscitare, nella mente del chitarrista sprovveduto, la sopra espressa erronea valutazione.

Gli studenti saranno invitati ad analizzare direttamente le numerose fonti bibliografiche indicate in calce ed a trarre le personali conclusioni proponendo le loro ragioni qualora dovessero risultare contrastanti con quanto sinora esposto.

In tale circostanza andranno enumerati i principi canonici di ciascuna scuola.

Ad esempio, la scuola spagnola propone, come base indispensabile per la migliore resa dinamica, che l’angolazione di ciascun dito si mantenga pressoché invariata su tutti i sei possibili livelli (le sei corde) e che il punto di contatto del polpastrello con la corda mantenga la sua inclinazione sempre a sinistra.

Ogni dito compensa, quindi personalizza la sua variabilità dimensionale, con l’applicazione di una diversa angolazione mentre la mano ed il retrostante sistema di ingranaggi, precedentemente definito pantografo, rimane stabilmente invariato.

Fonti Bibliografiche:
Vladimir Bobri: Complete Study of Tremolo for the Classic Guitar
Francisco Tarrega: Recuerdos de la Alhambra
Francisco Tarrega: Sueño
Augustin Barrios: El Ultimo Trèmolo (Una Limosnita por Amor de Dios)
Regino Sainz de la Maza: Campanas del Alba
Emilio Pujol: Omaggio a Tarrega
Emilio Pujol: Paisaje (Trémolo sobre un motivo inedito de Tárrega)
Julio S. Sagreras: Gran Fantasia op. 3
Alexander Tansman: Cavatina - III Scherzino





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